Pagg. 168
Cm 14x21
ISBN 9788888852768
Chi si accinge a leggere i testi di Alberto Cuberli dovrebbe prima di tutto incontrare l’autore, o meglio conoscerlo nel suo modo tipico di parlare, lineare, pacato, mai sopra le righe, con la
sua tendenza naturale alla bonomia del giudicare, a mediare, lontano dai drammi almeno apparenti dell’anima. Sia ben chiaro, Alberto ha un suo schema di valori di riferimento riconducibili ad una
cultura assorbita da una ben consolidata tradizione etica e si può anche dire religiosa. Tuttavia nulla è più estraneo al suo temperamento del conflitto; fosse al governo di un paese non
accetterebbe mai, forse a mala pena subirebbe una guerra; riuscirebbe sempre a trovare le ragioni della pace.
Questo è, o almeno a me appare Alberto Cuberli. E questo spiega alcuni caratteri del lavoro che qui si presenta. Così, al di là delle sequenze quasi sceniche con cui il racconto si può
rappresentare, emerge l’ampio sfondo etico della narrazione. Non deve trarre in inganno il tema, la pratica del condono edilizio che porta all’interno di complessi adempimenti burocratici (non
dimentichiamo che Alberto è un tecnico che opera nel( settore dei lavori pubblici per conto di un ente locale). In fondo il tema è un gioco che consente all’autore di presentare la galleria dei
personaggi: qui nella loro varia umanità, più o meno candida, Cuberli rappresenta il modo suo proprio di guardare i piccoli e grandi eventi della vita. Il suo è lo sguardo di chi osserva i
personaggi con l’atteggiamento che ha molti insigni esempi nella tradizione letteraria anche nostrana: possiamo evocare l’ironia bonaria di Goldoni o quella, per così dire gnomica, di Manzoni. Ma
si tratta di uno sguardo dell’anima che si cala nelle vicende con la naturalezza di chi vive senza drammi quanto accade attorno a lui e pure implicitamente si narra con una singolare intima
autobiografia. Basti pensare al ricordo del padre: “E di colpo ho rivisto una foto di Laggio di Cadore con mio padre... Dopo tanti anni mi manca ancora... Ah vecchio... Ah”.
Quanto alla struttura del racconto c’è da dire che se si ha la pazienza di entrare nel meccanismo degli eventi non se ne esce più fino alla fine per l’abilità dell’autore di suscitare curiosità
nel lettore anche attraverso personaggi ed episodi godibilissimi. Cito il racconto di Rebecca e il personaggio della signora Longhi.
In conclusione, nonostante le sue titubanze, Alberto ha fatto bene ad affidare alle stampe il suo racconto e quindi a staccarlo da sé per lasciarlo andare, come si deve fare con ogni figlio,per
la sua strada all’incontro con i lettori.
Livio Crepaldi
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